
Scoperte più di 1.300 app che raccoglievano dati anche dopo che gli era stata negata l'autorizzazione
Google ha dichiarato che il problema verrà risolto con Android QI permessi servono per permettere agli utenti di stabilire quali dati personali vengono condivisi con determinate applicazioni. Ma se alcune app riescono a trovare un modo per ottenere informazioni sensibili anche quando l'accesso diretto gli viene negato allora l'intero sistema diventa piuttosto insensato. È questo, in estrema sintesi, il resoconto della ricerca effettuata dall'International Computer Science Institute. Su un campione di circa 88.000 app Android analizzate 1.325 (poco più del 1,5%, ndr) violavano le restrizioni delle autorizzazioni.
Al momento non si sa quali applicazioni siano coinvolte e la società di ricerca ha dichiarato che la lista completa verrà divulgata alla presentazione ufficiale della report in agosto. Google, informata della scoperta già a settembre, ha dichiarato che la soluzione verrà implementata presto, ma sarà necessario attendere il rilascio di Android Q. L'aggiornamento nasconderà le informazioni di localizzazione contenute nelle foto e scinderà l'autorizzazione di accesso al Wi-Fi da quella per la localizzazione.
Nonostante gli sforzi compiuti da Apple e Google infatti alcune ingegnosi sviluppatori sono riusciti ad aggirare il sistema di controlli e restrizioni trovando strade alternative per accedere ai nostri dati. Per esempio, oltre alle informazioni di localizzazione provenienti da foto e Wi-Fi, alcune app sfruttano le autorizzazioni concesse ad altre applicazioni. Se queste infatti salvano i dati in cartelle non protette qualunque dato contenuto diventa facilmente accessibile.
Come dicevamo non sappiamo quali app sono coinvolte in questo nuovo ennesimo scandalo, ma l'ICSI fa qualche (pesante) nome: Shutterfly, Baidu's Hong Kong Disneyland park, Samsung Health, Samsung Internet. In generale, comunque, si parla di applicazioni scaricate da centinaia di milioni di utenti.