Google spiega perché ha adottato il nuovo sistema di permessi in Android M

Lorenzo Quiroli
Lorenzo Quiroli
Google spiega perché ha adottato il nuovo sistema di permessi in Android M

La novità forse più importante contenuta in Android M è il sistema di permessi per le app rinnovato rispetto al passato, con possibilità di revocare un permesso accordato, ma solo per alcuni. In ogni caso oggi non stiamo ad approfondire il funzionamento, dato che ne abbiamo già parlato qui.

Hiroshi Lockheimer ha spiegato perché Google ha deciso di andare in questa direzione con Android, pareggiando il lavoro già fatto da Apple, il cui sistema è simile. I lavori risalgono ad App Ops, il nascosto strumento che permetteva di attivare/disattivare i permessi di Android 4.3.

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La ragione per la quale App Ops non è stato ufficializzato però è che all'epoca non esisteva un'API che permettesse alle app di gestire una situazioni simile (immaginate che l'app Telefono crashi ogni volta in cui si prova a fare una chiamata, perché l'utente ha negato per sbaglio un permesso).

Google aveva bisogno di risolvere la questione in modo radicale e per dare maggior privacy all'utente è stato necessario cambiare del tutto il sistema dei permessi.

La richiesta contestuale fornisce l'occasione di comprendere il motivo alla base, mentre invece prima tutti i permessi erano accettati senza essere letti nel 99% dei casi. Se ad esempio provaste a inviare un messaggio vocale per la prima volta, l'app vi chiederà l'accesso al microfono e voi, con tutta probabilità, glielo concederete a quel punto.

La strategia chiave di Google per incentivare l'adozione della nuova API è stata la retrocompatibilità con tutte le app, a cui possiamo togliere dei permessi, facendole anche crashare nella peggiore delle ipotesi. Questo convincerà gli sviluppatori ad aggiornarle in modo da occuparsi correttamente e richiedere i permessi in maniera appropriata. Inoltre, nemmeno le app di Google sono immuni da questo sistema dei permessi, anche se durante la nostra prova ce n'era tre privilegiate.

Fonte: The Guardian