Editoriale: lo strano caso di HTC, a cui manca Mr. Hyde

Nicola Ligas
Nicola Ligas Tech Master
Editoriale: lo strano caso di HTC, a cui manca Mr. Hyde

Sono un utente HTC di vecchia data, che ricorda con piacere il suo piccolo P3600 Trinity o l'elegante Diamond, con quella cover posteriore così particolare, per non parlare del Desire, che per il sottoscritto ha segnato il punto d'ingresso nel mondo Android. Ho odiato la scarsa memoria interna di quello smartphone, ho odiato HTC per essere stata così poco lungimirante nel non prevedere che un top di gamma aveva bisogno di più spazio, ma la Sense era ormai una garanzia, ancor di più per me che l'avevo conosciuta come Touch Flo (3D), e l'esperienza d'uso finale più che positiva. Se ripenso al perché non lo rimpiazzai con un altro HTC non mi viene in mente nessun motivo particolare, eppure da allora in poi il mio cellulare quotidiano non ha più avuto il logo della casa taiwanese e ho continuato ad osservare i suoi nuovi modelli per dovere professionale, come fossero però protetti da una teca di vetro.

Probabilmente non sono stato l'unico a vederla in questo modo, perché recentemente i profitti di HTC hanno toccato un minimo storico alquanto significativo. Cos'è successo in questi ultimi 3 anni all'azienda che per prima si era tuffata nel panorama Android, e che ora annaspa per non farsi sommergere?

Nel 2010 le cose non andavano male: il Nexus One aveva un cuore HTC, il Desire era appunto il suo gemello e i successivi Desire HD e Desire Z avevano un loro perché; anzi, quest'ultimo è ancora ad oggi uno dei migliori smartphone Android con tastiera a scorrimento che siano mai stati prodotti, peccato che poi HTC abbia deciso di non insistere più su quella linea. Quand'è che le cose hanno dunque iniziato a prendere il verso sbagliato? Poco dopo, ad esempio con modelli come il Gratia, perfetta icona dell'altezzosità di HTC: uno smartphone chic nel design, che credeva bastasse quello a giustificare un prezzo iniziale di 400€, laddove le sue caratteristiche tecniche ne valevano la metà.

E con il passare del tempo, Gratia ha trovato buona compagnia in altri modelli col suo stesso marchio, via via fino ad arrivare a One V, uscito quasi in contemporanea ad un Sony Xperia U che riusciva a tenergli testa pur costando 150€ in meno.

Non è però solo e soltanto una questione di prezzo, badate bene: se HTC vuole fare il marchio di lusso, la cosa va anche bene; non è certo stato un problema per Apple in fondo, vero? Ma allora fallo fino in fondo: presenta solo modelli cari, ma che siano commisurati al prezzo che valgono, non mascherandoli da tali! E non basta nemmeno il nome, per quanto illustre, per fare un buono smartphone: le riedizioni col prefisso "Desire" ormai non si contano e se inizialmente poteva andare bene, con il passare del tempo il gioco vale sempre meno, soprattutto quando quello stesso nome diviene celebre per fatti non proprio lusinghieri, come la telenovela degli aggiornamenti, ripetutasi puntuale l'anno successivo con il Desire HD.

C'è poi un'altro vizio che HTC ha probabilmente preso dai suoi rivali, peccato però che l'abbia esasperato: il cannibalismo. A giugno 2011 abbiamo recensito il Sensation. Ottimo smartphone: voto 8,8. Peccato che poco più di 3 mesi dopo fossimo punto e a capo: Sensation XE e poi Sensation XL. Ottimi prodotti entrambi (soprattutto XE), ma qual è il messaggio che traspare? Che nel giro di pochi mesi Sensation era già superato? Come strategia non è granché per creare uno status symbol o qualcosa che gli si avvicini. Per non parlare del fatto che a quel punto ti trovi a dover aggiornare tre modelli anziché uno, i cui acquirenti sono tutti altrettanto degni di ricevere attenzioni.

Non mi si fraintenda, in tutto questo tempo HTC ha presentato degli ottimi modelli, alcuni anche "perfetti" in teoria. L'accordo con Beats, checché se ne dica della sua qualità, rappresenta comunque un fatto raro nel settore mobile, dove tutti puntano principalmente su display e processore.

HTC guarda invece a tutto tondo. Prendiamo ad esempio One X: qualità audio (Beats), qualità fotografica, ottimo display (il Super LCD2), processori di grido (Tegra 3 appariva una buona scelta e in prospettiva lo è stata ancor di più dato che l'ha adottato anche Google per il Nexus 7) e un'interfaccia che ha sempre avuto qualcosa in più della concorrenza, perché è l'unica che non si limita a coprire Android, ma lo migliora laddove serve. È così che si realizza uno smartphone "perfetto" e One X  lo era. Dov'è il problema allora? Tutto casalingo: nella scarsissima ottimizzazione, vero scivolone per un'azienda del genere, che ha visto One X uscire con un browser più che scattoso, e nel prezzo che in Italia è stato oggetto di non poche polemiche. Ed è così che anche la perfezione può facilmente naufragare, soprattutto perché nel frattempo la concorrenza non è stata certo a guardare.

Un capitolo a parte lo merita poi il settore tablet, uno dei più grossi errori di HTC in questi ultimi anni. Se ci fermassimo un attimo adesso a guardare indietro, prendendo in mano la scheda tecnica del Flyer lo potremmo quasi scambiare con un modello dei giorni nostri, eppure risale alla prima metà del 2011. Un tablet da 7 pollici, diagonale sulla quale hanno scommesso (vincendo) Google e Asus solo nel luglio 2012, dotato per di più di stylus con tanto di tecnologia proprietaria Scribe, idea in seguito ripresa (vincendo) da Samsung, che ha dato origine alla celebre serie Note nel settembre 2011. HTC però c'era arrivata prima di tutti, peccato solo che abbia lasciato il suo unico tablet a morire, affossato da un prezzo sopra la media dell'epoca (e a maggior ragione di quella attuale, che ha visto un abbassamento del costo dei tablet) e da aggiornamenti mai arrivati.

E la tecnologia Scribe? Desaparecida. Eppure la stoffa c'era, e la cosa più incredibile è che in seguito l'azienda non ci ha più riprovato (non dalle nostre parti almeno), come se l'esperienza col Flyer fosse stata una scottatura troppo grande. Forse HTC non se la sentiva di scommettere che un giorno anche le nuove proposte di Apple avrebbero potuto essere superate? O forse non è riuscita a produrre nuovi modelli abbastanza convincenti da convincere per prima sé stessa?

In definitiva, cos'è mancato davvero ad HTC? Il suo lato "cattivo". Samsung non è diventata quello che è adesso limitandosi a fare il suo compitino e senza pestare i piedi a nessuno. Lo è diventata con arroganza, con l'ardire e l'umiltà di copiare quando serviva (e anche un po' oltre alle volte) dalla concorrenza, senza mai retrocedere dall'obiettivo prefissato, anzi insistendo anche oltre misura, e soprattutto con una martellante campagna pubblicitaria in ogni dove, su qualunque argomento e con qualsiasi forma, che si trattasse di promuovere i propri prodotti quando di attaccare i rivali.

Il paragone con Samsung serve solo come esempio, e lungi da me affermare che l'azienda coreana rappresenti un modello infallibile a cui ispirarsi, ma è evidente che tra le due c'è una differenza di strategia netta, piuttosto che di prodotti, ed è questa che fa la differenza. Quando, in tempi non sospetti, alcuni ogni tanto ci accusavano di essere troppo pro-Samsung, non era per secondi fini, ma perché i coreani facevano (nel bene e nel male!) parlare di più di sé. E lo fanno tutt'oggi. Anche Sony l'ha capito: se cercate sul nostro sito gli articoli a tema Samsung, Sony e HTC, con i primi due arriverete in una pagina al 13-14 gennaio 2013, con HTC invece tornerete indietro fino al 12 dicembre 2012. Potete addossare la colpa di tutto ciò alla nostra malafede, oppure potete vederci un buono specchio della realtà, una nella quale HTC sa mettersi meno in mostra della concorrenza, tanto per usare un eufemismo.

HTC è stata la prima a non credere nei suoi prodotti, la prima a puntare su più di un top di gamma all'anno senza valorizzarne nessuno (emblematico il caso del Sensation), come una madre che butti giù dal nido i propri cuccioli sperando che inizino a volare, e se proprio non ce la facessero pazienza, ci riuscirà quello dopo. Ma chissà quanti di questi "orfani" avrebbero potuto essere più di quello che sono stati, se HTC li avesse sostenuti di più, se avesse osato di più, se avesse scommesso su di loro non solo a parole. Ogni figlio al mondo ha bisogno dell'incoraggiamento della propria madre, anche quello col cuore di plastica e silicio.